PETER MOON

 

“Ho fatto dei quadri per il film EVA E ADAMO, 15 opere in tutto.
Li ho passati alla luce di uno scanner: digitalizzati.
Smaterializzati in una sequenza numerica.
Elaborabile, scomponibile, riproducibile. Infinitamente.
Ho distrutto gli originali: niente più carta, niente più traccia.
 Le nuove immagini digitali le ho impresse su pellicola cinematografica 35mm.
Ho donato loro un corpo nuovo, minuscolo, fragile e traslucido, capace di vivere solo nello
spazio bianco di uno schermo, attraversato dalla luce di un proiettore.
Quella pellicola poi l’ho tagliata, sminuzzata. E ancora ne ho estratto le mie immagini.
Arti amputati, schegge di movimento senza luce.
Le ho ristampate, ho fissato la loro immobile solitudine su tavole 50x70.
E le ho ridipinte, una ad una.
Nuova vita, colori metallici e vibranti, superfici riflettenti.
Infinita riproducibilità e unicità, impulso elettronico e sudore della pennellata.
Luce che resuscita. Che scrive.
Cinematografia.

Peter Moon (Marco Piccarreda)

 

ERIKA, VERONICA; DEBORAH.
Per ciascuno di questi personaggi vivere la propria relazione amorosa significa affrontare una sfida: con se stesse, i propri bisogni, la propria idea di libertà, i giudizi sociali.
Mentre il film testimonia conflitti, speranze, passioni e angosce, le composizioni di Peter Moon prendono i personaggi e le situazioni e li astraggono dal tempo per condurli a una distanza siderale,  per situarli nell’ eterna allegoria, eternamente rivisitata, dell’ Eden.
Così la materia incandescente e grezza del quotidiano dei personaggi si trova a fare i conti con il ciclo biblico di Adamo ed Eva, del Paradiso terrestre - sogno ancestrale di Felicità innocente - della tentazione della conoscenza, dell’ esplorazione del lato oscuro e quindi maligno delle cose, la conseguente cacciata, da cui deriva la vita, coi suoi drammi, le sue pene, la sua ambiguità, la sua commistione di bene e male, di speranza e dolore, di meschinità e grandezza.
La sequenza dei quadri ha essa stessa una progressione narrativa e ci conduce dai toni caldi e luminosi del Paradiso verso l’accensione dolorosa dei colori della cacciata, fino ai toni cupi e apocalittici di un universo senza più colori, in un mondo estraneo e inadeguato, per tornare infine, ad un Eden congelato dove quel che rimane dell’ idillio amoroso è la sola possibilità disperata di tendersi la mano e forse venire in soccorso.
Le 15 tavole di Peter Moon sono un esperimento di dialogo pop con la pittura ieratica di Masaccio, la fantasia turbolenta di Bosch, la sovrana compostezza di Modigliani, sono un gioco di rimandi, talvolta ironico, talvolta sinceramente grato, con la tradizione. Dietro queste raffigurazioni c’è una mano raffinata e colta che cita reinterpretando, per permettere all’ universalità delle simbologie di attraversare i dipinti (e il film) con leggerezza, e che al tempo stesso chiede ai prototipi la libertà necessaria di poter scomporre i segni e le allusioni fino a farle aderire a questi tempi incerti ed enigmatici.

Vittorio Moroni